La bella storia che raccontiamo oggi è la storia di cinque giovani professionisti del settore dell’ingegneria – Diego Sebastiani, Giorgio Vilardi, Anita Di Giulio, Andrea Di Biase, Irene Bavasso – competenti ed appassionati che, con il supporto e l’esperienza di due docenti universitari, Luca Di Palma e Salvatore Miliziano, hanno formato un gruppo che ha dato vita ad una società innovativa. Con il supporto dell’Università di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica e del Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente, è stato possibile trovare un punto di incontro in GEEG, Geotechnical and Environmental Engineering Group, che si occupa di studi sperimentali dei trattamenti chimici dei terreni per lo scavo meccanizzato di gallerie.
I ragazzi ed i docenti ci raccontano insieme come sia stato possibile trasformare un’idea in realtà. Ci raccontano le difficoltà che hanno avuto e quanto sia importante collaborare per raggiungere un obiettivo comune.
Come nasce questa iniziativa?
Professor Miliziano: Questa iniziativa nasce, come spesso avviene in ambito universitario, quando un gruppo di giovani ha voglia, capacità e porta entusiasmo; si parte dalle tesi di laurea e poi si procede con altri studi, tentativi… ci si prende gusto e si comincia a fare il dottorato. Nel nostro caso si è creato a quel punto un collegamento molto stretto fra un Dipartimento, che è quello di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, che opera sulla parte più meccanica della progettazione, e il Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente, che invece tratta gli aspetti da un punto di vista chimico. Questo matrimonio è stato proficuo perché il campo di lavoro nel quale abbiamo cominciato a sviluppare le ricerche ha queste due anime profondamente legate.
Nella progettazione dello scavo meccanizzato è molto importante la parte meccanica, ma lo sono anche le ricadute ambientali del condizionamento, che è un’attività che deve essere fatta per poter scavare le gallerie con le frese (o talpe). Quando ci siamo resi conto che ci piacevamo e si lavorava bene insieme, abbiamo deciso di proporci sul mercato con quella che poi è diventata una Startup universitaria.
In questo nostro primo anno di vita si è confermato il feeling che c’è nel gruppo e le opportunità di lavoro cominciano ad esserci e ad essere significative.
Adesso sarà compito dei giovani continuare a mettere entusiasmo per creare le condizioni per crescere e di noi meno giovani individuare le opportunità di lavoro.
Professor Di Palma: La cosa fondamentale che caratterizza questa esperienza è che si è partiti apparentemente da realtà molto diverse fra di loro che invece poi hanno trovato un punto sul quale convergere. Questo è stato possibile non soltanto grazie alle varie competenze di tutta la squadra, ma anche grazie al fatto che i ragazzi hanno mostrato una capacità di lavorare insieme fuori dal comune.
Si sono organizzati in maniera chiara e senza calpestarsi i piedi l’un l’altro. Ciascuno ha i propri compiti e li porta avanti in autonomia e libertà, sentendo ovviamente gli altri, perché ognuno è parte di un gruppo, però ha le sue capacità che vengono riconosciute da tutti gli altri. Questa è una cosa molto buona perché si è creato un meccanismo non competitivo, ma che fa lavorare tutti insieme per uno stesso obiettivo. Questa è anche la filosofia che ispira Diego, che è il collante del gruppo e l’amministratore delegato della Startup.
Diego: è importante sottolineare che le attività di GEEG vengono sviluppate in parallelo con altre attività in cui siamo impegnati tutti quanti, in quanto ognuno di noi, con diversi ruoli – o il dottorato o l’attività di ricerca ha delle responsabilità e degli obblighi nei confronti dell’università, quindi tutto quello che stiamo facendo è “un di più”.
Il fatto di aver sviluppato un gruppo in cui non esiste competizione ma collaborazione è un enorme vantaggio per tutti quanti ed evidenzia una tendenza opposta a quella che ci si aspetterebbe, in quanto, dentro l’università, la competizione spesso risulta essere la soluzione più facile e immediata. Rinunciare tutti quanti a qualcosa ma venire all’università ogni mattina contenti è un elemento importante: l’obiettivo comune è maggiore dell’interesse dei singoli.
Importantissima è la qualità della ricerca. Il fatto di lavorare insieme fra persone con differenti competenze fa sì che il risultato che esce fuori abbia molto più valore, e l’aver raggiunto clienti anche all’estero è segno di una buona capacità di disseminazione dei risultati raggiunti. Quello che abbiamo fatto ha una prospettiva internazionale, una cosa per noi molto positiva anche in termini professionali.
Ci sono stati dei momenti di difficoltà all’inizio? Come li avete risolti?
Diego: Il momento più “tosto” è legato all’iter burocratico, decisamente complesso. Abbiamo impiegato più di un anno solo ad aprire la società. A noi, che volevamo subito cominciare, ogni step per l’approvazione sembrava non finisse mai, anche se, a posteriori, posso dire che ne è valsa la pena. Quel momento è stata la parte più antipatica, insieme al fatto che noi stessi ci siamo dovuti occupare degli aspetti amministrativi, legali, finanziari, contabili, per i quali, come competenze, eravamo completamente a zero. È stato difficile anche perché nel frattempo non avevamo ancora modo di portare avanti la parte del lavoro che più ci piace, in cui si fa attività di laboratorio e si lavora insieme. In fin dei conti, comunque, è stato utile anche solo perché adesso capiamo qualcosa anche di bilancio.
Anita: Aprire la società obiettivamente è stata una fase complicata. Poi…la Startup non è una grande azienda che ha persone addette in vari settori, dobbiamo fare tutto noi, quindi farla funzionare con tante teste è comunque delicato, anche se adesso possiamo dire di lavorare bene insieme.
Professor Di Palma: Le cose poi si superano quando c’è la passione, quando c’è la voglia di fare, non sono cose insormontabili.
Quand’è che avete capito che da un’idea si poteva concretizzare realmente?
Professor Di Palma: Noi “chimici”, con il professor Miliziano, avevamo cominciato a lavorare già da qualche anno e avevamo visto che effettivamente c’erano tante cose che non si potevano fare continuando a lavorare separatamente, nel senso che è vero che in un lavoro di squadra ci sono dei compiti definiti, però è impossibile fare il proprio compito senza sentire l’opinione dell’altro, senza sentire l’aspetto che interessa l’altro. Quello era il nostro problema. Come facciamo a lavorare separatamente nelle nostre stanze, nei nostri laboratori, senza poter operare in una struttura comune? È lì che abbiamo capito che c’era la necessità di mettere in piedi qualcosa che vada oltre le specifiche competenze. Abbiamo pensato che ci volesse una struttura che avesse una sua vita propria che consentisse scambi di informazioni. Un conto è farlo sporadicamente, un conto è far convergere le nostre idee e competenze in modo sistematico. Qui è nata l’idea della Startup, che è uno strumento che l’università ci mette a disposizione proprio per questo scopo, quello di poter lavorare superando le barriere dei laboratori, dei dipartimenti, degli spazi.
Diego: Questo lavoro ha dei riflessi nelle attività che facciamo come ricercatori, assistenti o tutor per le tesi perché riusciamo a fare ricerca in maniera molto più completa rispetto a come si è abituati a fare. All’estero è una pratica più diffusa ed è una cosa che ha tanti vantaggi. Quello “geotecnico” e quello “chimico” sono mondi differenti in cui capirsi non è semplice, ma posso dire che è certamente utile. Poi un altro aspetto importante, parliamoci chiaro sono le persone, in alcuni casi è più facile capirsi e lavorare insieme e certamente per GEEG questo è un punto di forza.
Professor Di Palma: Alla fine, al di là di tutto, c’è quello. Perché quando si condivide un’esperienza bisogna crederci e bisogna anche fidarsi delle persone con cui si lavora, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista umano. Questa è la cosa più importante.
*Sara Fiori