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ADRIANO BARTOLUCCI PROIETTI: una vita di passione e impegno nel sociale per i diritti e per l’uguaglianza tra i popoli

Chi è Adriano Bartolucci e qual è il tuo impegno nel sociale?

Sono un uomo di 50 anni con lo spirito di un ragazzo di 25. Sono un volontario da sempre, sin da ragazzino. Mi sono avvicinato al mondo del sociale grazie alla militanza socialista e, grazie alla spinta legata alla condizione omosessuale ho sviluppato una forte attenzione verso i temi sociali.

L’ho fatto iniziando a fare volontariato in una Onlus che si occupa di donne e famiglie svantaggiate per poi approdare a far coincidere questa passione con l’impegno sociale e politico per la difesa e la rivendicazione dei diritti lgbt. Questa spinta motrice mi ha portato a sviluppare un certo livello di competenza riguardo la gestione e l’organizzazione di attività di volontariato. La mia prima esperienza nel mondo lgbt l’ho fatta in Arcigay Roma, contribuendo a ricostruirla a fine anni ’90 per poi uscirne successivamente per dedicarmi nuovamente più al mondo del volontariato generalista. Poi nel 2011, su sollecitazione dei vertici di Aics, sono tornato ad occuparmene, con una particolare attenzione al versante sportivo, andando a costituire in occasione dell’EuroPride di Roma nel 2011, un nuovo soggetto, che attualmente presiedo denominato Gaycs.

Che cos’è Gaycs? Raccontaci qualcosa in più

Gaycs è nata come Dipartimento Lgbt di AICS (Associazione Italiana Cultura Sport), l’ente di promozione sociale e sportivo, nato negli anni ’60 e fondato da Giacomo Brodolini, ministro socialista del lavoro, colui che ha scritto lo statuto dei lavoratori e che è il nostro, il mio, punto di riferimento nella battaglia quotidiana che portiamo avanti con la nostra associazione per la rivendicazione e la tutela dei diritti delle persone lgbt e non solo. Infatti il nostro punto di partenza è il mondo LGBT, ma il cono visivo ormai è molto ampio ed è rivolto a tutto il mondo svantaggiato a 360 gradi. Ritengo infatti che oggi il tema della rivendicazione e della tutela dei diritti, della battaglia contro il razzismo, l’omofobia, il sessismo, il femminicidio, abbia un unico comun denominatore, che è l’educazione, la diffusione della cultura. Quindi c’è un elemento fondante che è il livello culturale delle vecchie e delle nuove generazioni. Mano a mano che andiamo avanti, in un sistema sempre più globalizzato il tema della rivendicazione dei diritti è ancora più evidente perché nel confronto fra i popoli, fra le nazioni, osserviamo quali sono i livelli di marcia delle singole realtà, dei singoli paesi. I media, i social, ci mettono costantemente a confronto con le realtà del mondo ed il livello di attenzione sulla tutela e la rivendicazione dei diritti ormai è sotto gli occhi di tutti.

Così per quanto riguarda il mondo dello sport, sono diversi i temi che sottolineano le disuguaglianze, basti pensare che in Italia l’attività professionistica delle atlete non è riconosciuta.

Noi parliamo di diritti, ci riempiamo la bocca con quello che è il tema della rivendicazione delle persone lgbt e quant’altro, ma siamo in un sistema, in un Paese, dove tra le tante problematiche c’è anche quella di un totale disallineamento con quelli che sono i principi base dei diritti umani.

Ho voluto con un’intuizione forse, in un momento in cui nessuno lo ha fatto, mettere a sistema il tema della pratica dello sport con la questione lgbt. Gaycs nasce appunto con questo obiettivo, non con la velleità di voler essere punto di raccordo delle realtà sportive lgbt italiane, questo è un fatto che avviene quasi naturalmente, poiché veniamo individuati come quell’associazione che è in grado di rispondere ad alcune domande provenienti da chi pratica attività sportiva e lo vuole fare sotto la bandiera rainbow.

Noi abbiamo come scopo principale quello della promozione della pratica dello sport come strumento di superamento delle discriminazioni per orientamento sessuale o identità di genere. Quindi il nostro obiettivo è essere di servizio alle persone lgbt che vogliono praticare lo sport e attraverso lo sport fare anche coming out uscendo così “dall’armadio”, ma allo stesso tempo sottolineare alla società civile che c’è un mondo lgbt che ha gli stessi diritti anche rispetto alla pratica dello sport, quindi aiutare tutti quei professionisti e non che vogliono vivere la propria condizione lgbt senza doversi continuare a nascondere. In più c’è la funzione sociale.

Qual è la funzione sociale?

Quella di utilizzare lo sport, strumento eccellente, perché mette a confronto le persone su un comun denominatore: la pratica sportiva e quindi il rispetto delle regole e della disciplina, fermo restando che poi ci possono essere delle differenze.

Il tema vero è che lo sport aggrega, mette insieme le persone, le fa divertire, fa superare le paure, lo sport è e deve essere contro ogni forma di paura, contro ogni forma di violenza. Lo sport è quello strumento attraverso il quale un popolo si sente unito, perché inorgoglisce, lo sport è il “pride” di tutti noi. Con lo sport possiamo rivendicare con orgoglio quello che siamo, senza avere paura dei nostri limiti, fisici e non. Basti guardare gli atleti  paralimpici e possiamo capire che non esistono veramente più limiti per nessuno.

Ci sono stati dei momenti di sconforto in cui hai pensato di lasciare perdere? E che cos’è che invece non ti fa mollare?

Tutti i giorni. Molto spesso ci sono giorni in cui sono sconfortato perché mi sento come il bambino del film L’incompreso, perché ho capito che quello che io faccio e che molti come me fanno, non è detto che debba essere per forza accettato dagli altri. In merito a ciò ho sviluppato nel tempo una grande forma di rispetto verso le persone che non condividono il mio percorso e il mio modo di vivere, spesso anche persone a me care, amici, compagni, fortunatamente mai la mia famiglia, che è la mia forza. Molte volte mi hanno portato a pensare “… Adriano molla tutto! Fai una vita normale, senza responsabilità, senza pensieri, senza impegni! …” Poi però rifletto e riporto alla mente quel bambino che ero e che da solo ha affrontato la propria condizione omosessuale, e lì capisco che dentro di me c’è una forza superiore, il mio carattere che mi dà l’energia, ancora a quasi 52 anni, di affrontare ogni giorno che arriva come fosse il primo giorno di scuola nel mondo del volontariato. Quindi per me è sempre il “primo giorno” ed è fondamentale per questo confrontarmi con chi è molto diverso da me per orientamento sessuale, identità di genere, orientamento politico, etnia piuttosto che per passione. Quindi considero tutto ciò che è diverso come un valore in più. Ciò che non conosco per me è una scoperta nuova e mi ritengo fortunato perché in fondo sono sempre e sarò sempre quel bambino che per la prima volta dopo una gara di nuoto ha vinto una medaglia e salito sul podio si è sentito il bambino più importante del mondo perché in grado, nel suo piccolo, di portare a casa un grande risultato da condividere con gli altri.

La forza che oggi ancora ho mi consente di delineare nuovi obiettivi e di lavorare per superarli aggiungendone di nuovi. Questo credo sia il segreto attraverso il quale mi sono dato uno scopo nella vita. Oggi poi c’è la legge sulle unioni civili, che apre nuovi orizzonti a tutti noi. Chi come me ha attraversato gli anni ’80 e ‘90 sa che sotto questo profilo il nostro diritto di amare è sempre stato limitato, mai riconosciuto, malvissuto e quasi mai alla luce del sole. Oggi guardo le nuove generazioni lgbt che sono in parte inconsapevoli delle grandi lotte che abbiamo fatto e delle battaglie che abbiamo portato avanti, li vedo più felici, più sereni, più consapevoli di quello che sono e di quello che la vita gli può riservare con una prospettiva di maggiore stabilità, nella libertà di unirsi civilmente o di non farlo. Un futuro di maggiore “Equality” su cui però dobbiamo continuare a lavorare al fine di colmare ancora molte lacune relative ai diritti dei nostri figli e rispetto al tema più ampio dell’omogenitorialità.

Perché?

Perché è l’uguaglianza che fa un popolo, che fa una nazione, che fa un pianeta. Ed è solo attraverso l’uguaglianza che si può pensare di sentirsi veramente parte importante di un sistema, perché se tu non riconosci l’uguaglianza non riconosci l’altro, con le dovute considerazioni che vanno fatte e quindi con i dovuti livelli di tutela delle diversità, perché è attraverso la tutela delle diversità che si ha l’uguaglianza.

Non con l’appiattimento e il livellamento o la semplificazione in un sistema di regole. L’eccessiva semplificazione non produce democrazia e su questo non si può derogare, perché i nostri patrioti, se parliamo dell’Italia, hanno dato la vita per il Paese, contro il nazifascismo, hanno lottato per l’unità del nostro popolo al di là delle differenze. Noi viviamo nella differenza, l’Italia è un paese differente per conformazione, fatto di tante tradizioni, storie, culture e realtà, ed è per questo che è pronto ad accettare tutto ciò che è diverso senza traumi e tragedie.

Raccontaci cosa sono gli EuroGames e come nascono?

Gli EuroGames sono il punto di arrivo di un percorso partito nel 2011 con la nascita di Gaycs, con un successivo passaggio segnato dalle cinque edizioni degli Italian Gaymes (2014-2018).

L’idea cioè di organizzare dei giochi lgbt frienldy, volti alla promozione dei diritti lgbt attraverso il coinvolgimento di tutti senza nessuna distinzione. Così tre anni fa abbiamo guardato con interesse alla possibilità di portare in Italia ed in particolare a Roma la versione europea: gli EuroGames.

Questi giochi sono il più grande evento multisportivo lgbt friendly europeo (e non solo) che con l’edizione di Roma, che si terrà dall’11 al 13 luglio in 19 centri sportivi della Capitale, con quasi 3000 atleti suggelliamo quello che è un sogno. Si parla della 17esima edizione, sono giochi nati nel ‘92, in Europa, con l’obiettivo di aiutare le persone lgbt a fare coming out anche nello sport. Roma ha faticato molto e sta faticando ancora in questi giorni per portare a termine il progetto nel migliore dei modi grazie all’incessante impegno di una complessa macchina organizzativa.

Non organizzeremo solo tornei ma ci sarà la possibilità anche di confrontarsi dal 5 al 10 luglio nella settimana della cultura (EuroGames Week) che precede i giochi, con tantissimi eventi, due conferenze internazionali, workshop, momenti di pratica sportiva piuttosto che di confronto tra i popoli.

La città di Roma, la Regione Lazio ed il Coni, tre anni fa, ci hanno sostenuto subito nella candidatura, abbiamo superato tutti gli scogli e le diffidenze che tutt’oggi ancora persistono in alcuni ambiti a livello europeo nei confronti della città eterna. Noi nonostante questo abbiamo costruito un percorso molto serio, molto semplice. Non faremo niente di fantasmagorico ma lavoreremo in modo tale che gli atleti possano giocare in serenità nei migliori ambienti e nei migliori impianti sportivi della città con una cerimonia inaugurale che si terrà giovedì 11 luglio alle 18,30 nello “Stadio Tre Fontane” all’Eur per poi passare ad una parte un po’ più ludica la sera nello “Sport Village”, ospitato dall’organizzazione “GIAM Summer – The House Of Love” all’interno de “La Bibliotechina” (via di Val Fiorita – fronte fermata Magliana Metro B).

Vi aspettiamo numerosi, sui campi da gioco e nei luoghi della città dove saremo presenti e per ogni informazione potete seguirci sul sito www.romaeurogames2019.org o attraverso le pagine social su Facebook e Instagram.

Mi resta solo di augurare a tutti il meglio per il futuro e per noi la più bella edizione degli EuroGames di tutti i tempi!

*Sara Fiori

Italiani bella gente

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