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Luca Bellino : La soddisfazione di poter migliorare la vita alle persone

Oggi abbiamo incontrato Luca Bellino, 31 anni di Roma che fa il formatore in progetti di mobilità internazionale.

Buona lettura

Ciao Luca chi sei e cosa fai?
Mi chiamo Luca Bellino, ho 31 anni e faccio un mestiere particolare.
Sono formatore (esperto in educazione non formale) e Project manager di progetti europei di mobilità. Sembrano paroloni ma la realtà è semplicissima.
La commissione europea mette a disposizione dei fondi alle associazioni di tutta Europa per dei progetti di alto valore sociale nei quali giovani cittadini europei si incontrano in paesi diversi per lavorare sui temi e scambiare buone pratiche.
Il mio lavoro consiste fondamentalmente nell’essere il loro formatore, o meglio nell’accompagnare i ragazzi nei processi di crescita personale che sono alla base di questa tipologia di progetto.
Altro aspetto del mio lavoro è quello del project management, quindi seguire i progetti dall’approvazione alla rendicontazione, attraversando fasi come la gestione dei partners e la gestione dei budget.
Questo lavoro mi permette di viaggiare per l’Europa in lungo e in largo e di confrontarmi con le peculiarità tanti paesi e culture estremamente differenti l’una dall’altra.

Quali difficoltà hai riscontrato e riscontri oggi?
Beh, le difficoltà maggiori che ho riscontrato in passato erano sicuramente riassumibili con la diffidenza dei ragazzi verso culture, usi e costumi diversi dai propri. Per capire i motivi basta pensare a quanto un ragazzo dell’Europa mediterranea viva una vita completamente differente da uno che proviene dall’Europa dell’est o addirittura dalla Turchia e dal Medio Oriente (si, i programmi Erasmus plus sono aperti anche ad alcuni paesi mediorientali) o da un ragazzo della penisola scandinava. Se pensiamo poi a quali sono i temi sociali che tocca questo programma europeo (diritti LGBT, integrazione, cittadinanza europea, lotta all’homotransfobia, lotta alla violenza di genere, al bullismo e tanti altri) allora possiamo quanto sia complicato a volte conciliare il tutto. Però alla fine è proprio questo il bello del mio lavoro: riuscire a conciliare culture e background diversi con l’obiettivo di trovare una strada comune per affrontare temi importanti e impegnativi. Forse è proprio per questo che il lavoro è tanto soddisfacente.
Riguardo le difficoltà che riscontro più oggi non ho dubbi: il la pandemia, l’isolamento ed il distanziamento sociale (tutto assolutamente inevitabile, intendiamoci) hanno arrecato gravi danni ai più giovani. Nei pochi progetti che ho avuto modo di guidare dopo le riaperture è stato lampante di quanto la situazione covid abbia inficiato negativamente sui ragazzi. Mi sono trovato di fronte gruppi molto più complicati da rendere Uniti e da far lavorare insieme. Ma questa è anche la sfida che attende noi educatori nei prossimi anni: aiutare i ragazzi a riconquistare tutto ciò che questo maledetto virus gli (ci) ha tolto.

Quale consiglio dai ad un giovane che vorrebbe fare il tuo lavoro:

Per fare il mio lavoro c’è bisogno di due cose importantissime: passione e studio.
Passione perché è un lavoro meraviglioso ma a tratti logorante. Lavorare costantemente con temi importanti come quelli che ho citato ti porta a dover sempre fare attenzione a ogni minima sfumatura delle tue parole durante le attività e ad ogni passaggio della programmazione dei workshop. E senza passione questo non è possibile. È un lavoro nel quale è fondamentale la cura ogni minimo dettaglio. La passione è anche da intendersi come essere appassionati e in qualche modo “sentire” profondamente i temi trattati. Non si può accompagnare un gruppo di ragazzi in un percorso formativo su un tema come la lotta alla violenza di genere senza essere sentirne profondamente l’importanza. Non si può parlare di lotta all’homotransfobia senza essere una persona che si batte per questo tema. Per formare ci vuole una coscienza sociale solida e positiva.

Per quanto riguarda lo studio è semplice.

Per fare questo lavoro c’è bisogno di aggiornamento continuo. Un formatore deve essere psicologo, mediatore, insegnante ed un migliaio di altre cose. Ecco, per essere un buon formatore bisogna studiare i fondamenti delle discipline alla base del lavoro di tutte queste categoria di professionisti.
Poi c’è sicuramente lo studio per aggiornarsi sui temi. Non si può mai pensare di essere esperti di una tematica e farla per acquisita. Nel sociale ogni tema è in costante evoluzione e se non si segue il flusso dei cambiamenti di rischia di rimanere indietro e di fuorviare i ragazzi che seguirono i tuoi workshop.

Per chiudere il mio consiglio è:
Se siete appassionati e pronti a studiare giornalmente questo è un percorso per potrebbe fare per voi. In cambio del vostro impegno potreste viaggiare per il mondo (con i pro e i contro).
Però posso assicurarvi che non c’è più grande soddisfazione di sapere, alla fine di un vostro workshop, che potreste aver cambiato il percorso di vita di un ragazzo o di una ragazza e magari gettato il seme di un piccolo cambiamento, in meglio, di un pezzetto della società. A questo non c’è davvero prezzo.

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Italiani bella gente

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