Sarah Silvestri, classe 1983, è un avvocato stabilito specializzato in diritto internazionale o, per meglio dire, in diritto dell’immigrazione. Dopo un periodo trascorso tra la Spagna e gli Stati Uniti, ha deciso di ritornare in Italia e di creare “Consulenze Internazionali”
Raccontaci che cos’è e come nasce Consulenze Internazionali.
“Consulenze internazionali” è un progetto ambizioso quanto affascinante che nasce dopo un anno di lavoro intenso. Ambizioso perché, come mi ha fatto notare un collega verso il quale nutro una grandissima stima, sono poche le donne nell’immigrazione.
E poi volevo fare tutto da sola senza l’ausilio di professionisti (sono una perfezionista incallita e avrei reso pazzo chiunque). Non sapevo nemmeno come si creasse un sito internet e, cosa più importante, non sapevo quali contenuti mi sarebbero davvero piaciuti e cosa avrei voluto comunicare. Ho persino avuto un blocco di 6 mesi. Non mi sentivo in grado.
Poi la svolta con la pandemia ed il lock down. Ho riaperto il cassetto dei progetti. E dal 5 maggio è online “Consulenze internazionali”. Lo considero il mio biglietto da visita virtuale. È LA piattaforma che ambisce a parlare di me tout court – con la presenza sul sito di qualche contenuto più personale – e delle mie skills. Infatti per anni mi sono sentita chiedere se mi occupassi di diritto civile o di diritto penale come se fosse l’unico binomio concepibile. E puntualmente dinanzi alla mia risposta mi sono sentita dire “ah ma tu ti occupi di diritto internazionale!?”. Mi sono resa conto che non mi conoscessero davvero da punto di vista professionale. Quindi “Consulenze Internazionali” è lo strumento che ho scelto per uscire allo scoperto.
Quali sono state le principali difficoltà iniziali?
La vera difficoltà è stata sicuramente la strada che mi ha portata fino a qui. È stato un percorso complesso che mi ha vista fare sforzi enormi, disumani. Che mi ha vista tra gli Stati Uniti e la Spagna. Nella mia mente avevo ben chiaro cosa volessi: creare qualcosa di valido, poter dar vita ad un prodotto di qualità. E per farlo ho dovuto (e devo ancora oggi!) studiare molto, aggiornarmi, farmi domande e darmi delle risposte. Solo quando ho ritenuto la mia preparazione sufficiente ho deciso di “rendermi visibile”. Non mi sentirò mai arrivata.
Qual è la più grande soddisfazione del tuo lavoro ?
Banalmente? Il sentirmi dire “Grazie”. Mi gratifica e mi fa comprendere che gli sforzi per diventare “la Sarah che avrei voluto” hanno dato buoni frutti. Occupandomi anche e soprattutto d’immigrazione per l’Italia – un ambito tanto straordinario quanto complesso – ho vissuto situazioni al limite in cui il cliente, pensando che fosse tutto finito dopo l’ennesimo diniego, avrebbe voluto smettere di lottare per i propri diritti.
Aiutarlo a comprendere l’iter, mostrargli le alternative possibili al fine di garantirgli una vita migliore e sentirsi alla fine ringraziare, non ha davvero prezzo. Alle volte mi sento anche una psicoterapeuta: molti di loro mi raccontano vite assurde fatte di violenza, morte. Ma non generalizzo perché so che ci sono anche situazioni differenti che vanno punite duramente.
Quali sono i principi che animano il tuo impegno?
Senza ombra di dubbio il principio ispiratore del mio lavoro è l’uguaglianza. Perché credo sia assurdo catalogare gli esseri umani. E credo che sia ancora più assurdo avere due pesi e due misure, avere figli e figliastri. Ognuno la sera deve coricarsi con chi vuole, giusto per dirne una.
Ciò che prendo a modello del mio operato – come professionista ma anche come persona – è sempre qualcosa che ho vissuto sulla mia pelle: nel caso specifico è stato l’essere straniera in un Paese che non sapeva chi fossi. Ricordo la sensazione di “essere diversa”: ero italiana negli Stati Uniti. Ed è lì che ho capito tutto.
Ed è lì che ho capito tutto. Ricordo gli sguardi diffidenti sulla straniera furbetta che – probabilmente senza arte né parte – veniva a cercare la sua fortuna perché “al Paese suo” non ce l’aveva fatta. È stato molto frustrante all’inizio ma secondo me alla fine si sono ricreduti.
Che consiglio ti senti di dare ad un giovane interessato a percorrere la tua strada?
Innanzitutto affidarsi a professionisti seri nella formazione post universitaria. Io ho avuto la fortuna di essere seguita da maestri validi. Ma, purtroppo, ho visto anche molta approssimazione. Ed è un vero peccato. Poi consiglio di studiare molto, aggiornarsi costantemente.
Nel momento in cui mi sono resa conto che avevo maggiormente piacere a leggere articoli che parlassero del mio ambito, ho capito che avevo fatto la scelta giusta. Credo di non aver mai smesso di studiare. E ancora: crederci talmente tanto da riuscire, un giorno, a volare da soli.
Ma questo vale per qualsiasi strada si voglia intraprendere nella vita. Infine, non perdere mai di vista i propri valori.